Storia del frontespizio

Il Quattrocento
Il Cinquecento
Il Seicento
Il Settecento e l'Ottocento

 

Il Quattrocento

Il frontespizio si affermò, nell'ultimo decennio del Quattrocento, nelle forme del titolo breve (occhietto), del titolo con vignetta (la vignetta serviva a decorare la fronte del libro e, allo stesso tempo, a dare un'idea immediata del suo contenuto) o dentro cornice; si diffuse, poi, ampiamente, al principio del secolo successivo e venne accogliendo alcuni degli elementi che, sino a quel momento, erano stati racchiusi nel colophon: le indicazioni sull'opera, sull'edizione, sul tipografo e la marca. L'origine del frontespizio, dunque, fu occasionata da motivi pratici ed insieme estetici.
Il nuovo aspetto, soprattutto in alcuni tipi di libri, da un canto servì a dare risalto all'autore, al titolo dell'opera e, più tardi, al tipografo; dall'altro, acquistò la funzione di richiamo pubblicitario. Il titolo, in particolare, perse il suo plurisecolare carattere discorsivo e crebbero i sottotitoli, indicanti particolarità e pregi dell'opera o dell'edizione.
Gli antichi tipografi, inizialmente, si limitarono ad inscrivere il titolo in un'ideale forma geometrica (un triangolo, un cono tronco, etc); quando, poi, avvertirono la necessità di amplificare il richiamo al contenuto dell'opera, ricorsero all'uso dell'immagine.
A questo momento iniziale seguirono secoli di disordinata evoluzione, caratterizzata da sconcertanti anticipazioni, contaminazioni e sopravvivenze.
Se il titolo isolato nella prima pagina fu un'acquisizione della nuova arte, la decorazione della pagina iniziale del testo era consueta già nel manoscritto, dal quale gli stampatori la derivarono. La molteplicità di forme che, sin dai primi tempi, venne assumendo il frontespizio (occhietto, sommario o indice del contenuto, titolo con immagine) era funzionale rispetto a determinati generi di opere e a speciali esigenze di presentazione, cosicché ogni libro aveva il suo frontespizio specifico. Diversamente dalle altre arti figurative, infatti, l'arte tipografica è stata sempre sottoposta ad una pressione costante, esercitata dal contenuto del testo e dalle varie esigenze dell'industria libraria sulla forma e sulla libertà del disegno, venendone, così, condizionata nello sviluppo.
Il frontespizio tipografico cominciò presto ad accogliere elementi decorativi, cornice e vignetta, che si trovavano sulla pagina iniziale e alla fine del volume; li conservò per circa tre secoli e, poi, li cedette alla copertina.
Generalmente si distinguono due forme di frontespizio decorato: l'una presenta una cornice che inquadra il titolo, l'altra una leggenda che comprende un elemento decorativo centrale. In realtà, tale distinzione risulta troppo rigida, giacché gli elementi sopra elencati possono combinarsi in modi piuttosto diversi, generando, spesso, soluzioni assolutamente originali ed inclassificabili. L'evoluzione del rapporto tra titolo e decorazione, infatti, non obbedì a leggi fisse; la presenza della decorazione e il suo peso rispetto al titolo variarono a seconda del tempo, dell'individualità degli artefici, del mutare del gusto e, infine, dei cambiamenti nella concezione del frontespizio, nel suo insieme.
Durante il primo glorioso periodo di diffusione del frontespizio, cioè negli anni tra la fine del Quattrocento ed i primi decenni del secolo successivo, si ebbe un'assoluta originalità creativa; poi, sin oltre la seconda metà del Cinquecento, accanto a motivi originali, che arricchirono la vasta tipologia dei frontespizi, si ripeterono stancamente moduli di repertorio e si riutilizzarono, addirittura, vecchi caratteri e logori legni, sia interamente sia parzialmente.
Fu l'affermarsi della calcografia e l'intervento di nuovi maestri, spesso incisori e pittori di fama internazionale, a determinare una ripresa della decorazione libraria in senso artistico. In tal modo, furono realizzati frontespizi non solo illustrati, ma anche interamente incisi, e la sostituzione del rame al legno rese possibile una maggiore sfumatura ed una più decisa plasticità della decorazione stessa.


Il Cinquecento


La decorazione del frontespizio cinquecentesco fu caratterizzata da raffigurazioni sempre più complesse, vistose, spesso ingombranti. Protagonista assoluta di tale tipo di composizione fu senz'altro la cornice, che si può distinguere in tre tipi fondamentali: vegetale, istoriata, architettonica. In essa si combinavano e si contaminavano vicendevolmente vari elementi, sino ad originare, non di rado, pagine sovraccariche, spesso prive di una reale inquadratura, che lasciavano ben poco spazio alla leggenda (dedica, titolo, sottoscrizione). Apparvero, infatti, elementi vegetali di rinnovato realismo (serti di fiori e frutti, girari di foglie con uccelli, intrecci di foglie d'acanto, tralci d'alloro e di vite ), portali ed edicole variamente e riccamente ornati da elementi architettonici (capitelli sempre più lontani dagli ordini classici, elaborati timpani, lapidi, zoccoli e paraste), da elementi fantastici (festoni, medaglie, mascheroni, bucrani, tritoni, sirene e amorini), da statue che affermavano un nuovo stile tridimensionale (cariatidi e telamoni, serie di piccole scene o scene uniche che si svolgevano sui quattro margini a scopo illustrativo).
Anche la marca tipografica, collocata di solito al centro del frontespizio, assunse una maggiore importanza decorativa cedendo al gusto complicato dell'emblematica. Tra i vari elementi del frontespizio, essa era l'unico veramente originale, in quanto serviva a differenziare, in modo vistoso, la produzione di un editore da quella di un altro. Finché fu relegata nel colophon, fu rappresentata da un unico tipo convenzionale, il cerchio con la doppia croce e con le iniziali dell'editore, seppur con numerose varianti (iniziali, fregi e qualche altra semplice figura geometrica). Accanto a questo tipo ce n'erano altri tre: araldico, allusivo ed emblematico.
Il Cinquecento rappresentò, senza dubbio, il secolo d'oro delle marche tipografiche; nel Seicento, invece, il trionfo del concettismo barocco snaturò l'originaria funzione della marca, assoggettandola al gusto del tempo.
La loro varietà è veramente sorprendente ed impedisce ogni rigido schema di classificazione; abbiamo, così, marche parlanti ed allusive (alludono, cioè, al nome dell'editore, al contenuto del testo, all'autore dell'opera), figure simboliche ed allegoriche, classiche e mitologiche (come la Sibilla, il Centauro, le sirene, Pegaso). Anche emblemi religiosi e Santi patroni, fino ad includere celebri episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento, oggetti comuni e strumenti scientifici animavano lo scenario del frontespizio, palesando analogie davvero sorprendenti con le altre arti del tempo.
Una qualche relazione con la marca aveva lo stemma, anch'esso inserito tra titolo e sottoscrizione; poteva appartenere ad un sovrano o ad un personaggio cui era stata dedicata l'opera o per conto del quale era stata realizzata la pubblicazione. Anche lo stemma, come la marca, offrì ben presto il pretesto a numerosissimi motivi ornamentali, spesso a decorazioni che giunsero ad occupare l'intera pagina del frontespizio (né marca né stemma, ma insegna è quella riferita ad un'accademia).
Nel corso del tempo, comparvero anche le note a piè di pagina, comprendenti il nome del tipografo, il luogo e l'anno di edizione; la menzione del privilegio, con le formule cum privilegio o cum gratia et privilegio, importante ai fini di una protezione legale dell'edizione; la licenza di stampa (con licenza de' superiori o superiorum permissu).

Il Seicento


Nel corso del XVII secolo l'evoluzione del frontespizio approdò a soluzioni particolarmente complesse. Si verificarono casi di doppi frontespizi, di frontespizi interni per diverse parti dell'opera, di frontespizi sostituiti o imitati e la difficile convivenza tra titolo e decorazione si risolse con la nascita di una tavola incisa in antiporta. Nel corso del secolo, si affermarono definitivamente tre tipi di frontespizi: quello tipografico, quello con decorazione (con marca, stemma, vignetta, ritratto o cornice) e quello interamente inciso.
La frequente appariscenza della "facciata" contrastava, in realtà, con la relativa decadenza del libro secentesco, che presentava spesso carta scadente, caratteri logori e numerosi errori nel testo, dichiarati negli errata-corrige. Si attribuiva un'enorme importanza alla parte esteriore del volume, si intendeva conferire risalto alla sua veste e al momento della sua presentazione; perciò, la decorazione svolgeva un ruolo fondamentale. Così, apparvero illustrazioni caratterizzate da estrosità ed enfasi, antiporte persino più grandi del libro e piegate una o più volte; i vistosi frontespizi assomigliarono sempre più agli enormi e sovrabbondanti apparati effimeri, come catafalchi, quarantore, grandiose macchine funebri ed allegoriche, che si allestivano in tutta Europa, in occasione delle più svariate celebrazioni.
La sobria e maiestatica frontalità cinquecentesca, che saldava il titolo e il suo inquadramento decorativo in un'unità architettonica, si era ormai dissolta. Ai portali ed alle statue allegoriche, inoltre, si aggiunsero il paesaggio, l'atmosfera, il Sole e le nubi; le composizioni, si articolarono, spesso, in scene minori, non di rado affastellate. Esse presentavano giochi prospettici, il digradare e il sovrapporsi di immagini, con effetti assolutamente inediti, il cui fine era unicamente suscitare meraviglia e stupore, secondo i dettami della "poetica" secentesca.
I riferimenti alle altre arti, pittura, scultura, architettura e scenografia, erano piuttosto evidenti un po' ovunque. Persino i titoli delle opere diventarono enfatici, allegorici, bizzarri, spesso oscuri e prolissi.


Il Settecento e l'Ottocento

Nel Secolo dei Lumi, l'opulenta decorazione barocca cedette il passo alle eleganti e delicate soluzioni rococò. Piccole incisioni e stemmi, talvolta colorati, alleggerirono e semplificarono notevolmente la pagina destinata ad ospitare il frontespizio; la copertina, che aveva conosciuto un lontano precedente quattrocentesco, ritornò ad essere realizzata, nella seconda metà del Settecento, in carta pesante colorata, senza titolo e adorna di una semplice cornice.
Nel secolo successivo, infine, la copertina, rinata a scopo protettivo per tanti volumi non meritevoli della costosa legatura, si rese più utile ed attraente, arricchendosi del titolo, di qualche decorazione e dell'illustrazione, anche a colori. Il frontespizio tornò, allora, a ridursi al solo elemento tipografico.