Storia dell'illustrazione scientifica

-L'immagine stampata e la diffusione del pensiero scientifico
-Funzione ornamentale ed ermeneutica dell'illustrazione scientifica
La funzione allegorica

 

L'immagine stampata e la diffusione del pensiero scientifico


Tra l'ultimo quarto del Cinquecento ed i primi anni del secolo successivo l'Europa assistette alla nascita del libro scientifico illustrato. In esso l'immagine veniva utilizzata per la schedatura metodica di fenomeni scientifici e di innumerevoli aspetti della realtà naturale, distinguendosi per sistematicità e naturalezza sempre crescenti.
Una classificazione di tipo enciclopedico veniva realizzata mediante il disegno e la stampa coniugati con la tecnica, sempre più raffinata, dell'incisione su rame. Questa modalità conoscitiva e di catalogazione dello scibile attraverso l'immagine era particolarmente sollecitata dalle corti europee (dalla corte medicea in Toscana e da quella rudolfina a Vienna e a Praga), dalle Università, sia quelle di antica fondazione sia quelle nate sulla scia del risveglio culturale, scientifico e religioso del Rinascimento, sempre più frequentate da studiosi e studenti di ambito internazionale. Riceveva, infine, nuovi impulsi anche dagli amatori-collezionisti.
Con l'intensificazione della produzione a stampa dei libri di carattere scientifico, che prevedeva anche la pubblicazione di testi divulgativi di discipline tecniche e di saperi molto settoriali e a volte marginali (tra il XVI il XVII secolo, i manuali di equitazione, di scalcheria, di pirotecnica, di scacchistica, i testi che illustravano la costruzione di orologi e di strumenti musicali, gli almanacchi corredati da tavole astronomiche ed astrologiche pervenivano ad un pubblico piuttosto vasto di lettori grazie ai costi contenuti, al numero elevato di tirature e all'incremento della percentuale delle illustrazioni. La loro ampia diffusione editoriale era consentita anche dai circuiti di vendita subalterni, quali raduni fieristici e commercio ambulante), emergeva una diffusa consapevolezza circa la necessità di favorire, mediante il diretto raccordo tra scritto ed immagine, una comprensione più immediata dei procedimenti, dei meccanismi e dei fenomeni delle scienze. Si proponeva, perciò, un corredo iconografico incisivo e preciso, rispondente a nuove esigenze di realismo mimetico.
Tre le funzioni peculiari svolte dall'illustrazione scientifica: ornamentale, ermeneutica, allegorica.

 


Funzione ornamentale ed ermeneutica dell'illustrazione scientifica


Una delle principali funzioni svolte dall'apparato iconografico consistette nell'offrire al lettore del tempo una descrizione ed una spiegazione del contenuto scientifico del testo (funzione ermeneutica), altrimenti comprensibile solo agli "esperti". Tale compito descrittivo favorì senz'altro l'avanzamento e il progresso delle scienze naturali, diffondendo copie figurative del tutto corrispondenti alle stesse descrizioni biologiche, anatomiche e botaniche. In tal modo, nelle illustrazioni degli atlanti e dei trattati di storia naturale, l'esplorazione e lo studio della natura trovarono uno strumento formidabile per la presentazione e la divulgazione dei risultati delle ricerche, spostando l'asse della scienza dall'approccio erudito a quello sperimentale. In campo astronomico, tale ruolo è stato rivestito dagli atlanti celesti, nonché dalle numerose rappresentazioni della Luna e dei pianeti.
L'illustrazione scientifica, dunque, venne configurandosi, sempre più, come un veicolo di informazioni autonomo, concorrenziale e, in alcuni casi, più potente del testo verbale; essa realizzò un linguaggio non parlato, una sorta di istruttore silenzioso, in grado di liberare la letteratura tecnica dalle difficoltà semantiche o puramente linguistiche.
L'altro importante compito assolto dall'illustrazione scientifica fu quello ornamentale, ereditato dalla plurisecolare consuetudine di illustrare e decorare con miniature i testi di alcuni manoscritti, quali trattati di medicina e di astrologia, erbari, lapidari e bestiari, dove scrittura, decorazione e pittura si presentavano intimamente legati. Tuttavia, tale importante tradizione si era avviata verso un lento, ma inesorabile declino, già sul finire del Quattrocento.
Tra il XVI e il XVII secolo, nei libri a stampa, comparvero frontespizi caratterizzati da composizioni sempre più complesse, ritratti più o meno verosimiglianti e capilettera parlanti, basati sul principio degli antichi alfabeti visivi, ed antiporte ricchissime, dove il riferimento all'opera diventava addirittura occasionale. Essi costituivano i principali elementi cui era affidata l'attrattiva anche del libro scientifico, che generalmente si presentava al suo interno, soprattutto nel caso dei trattati di astronomia e di matematica, come una serie di tabelle e di dati scarsamente invitanti, eccezion fatta per i dotti. Tale ornamentazione, inoltre, era indispensabile affinché l'opera riuscisse più gradita al dedicatario e mecenate, quasi sempre di origine aristocratica e solo di rado in possesso di conoscenze di carattere scientifico, e impreziosita dal punto di vista del suo valore estetico.
Solo più tardi, cioè a partire dalla fine del Settecento e per tutto il corso del secolo successivo, una nuova serie di progressi tecnici, relativi alla riproduzione delle immagini, in particolare lo sviluppo della litografia e della fotografia, privò la decorazione e l'illustrazione della forza creativa che le aveva caratterizzate nei secoli precedenti. Tali progressi contribuirono, inoltre, a dissolvere la dimensione "artigianale" del prodotto illustrativo, annullando anche quel fondamentale rapporto di collaborazione e di interazione tra l'autore del testo e l'incisore.
L'illustrazione dei testi, infatti, era realizzata o da veri e propri artisti o dagli autori stessi o mediante la collaborazione di più specialisti.
Gli artisti che "servirono" l'illustrazione scientifica nel corso dei secoli, furono numerosi ed alcuni assai celebri. Per citarne i più noti, Joris Hoefnagel ed il veronese Jacopo Ligozzi si distinsero per ciò che concerneva le raffigurazioni di elementi botanici e zoologici; Leonardo, Michelangelo, Cellini, Vincenzo Danti e Alessandro Allori relativamente all'anatomia scientifica; Albrecht Dürer, cui si deve, tra le altre opere, la rappresentazione di due splendidi emisferi celesti con le relative costellazioni (Norimberga, 1515), e l'estroso artista di corte, Stefano della Bella, incisore della celebre antiporta della prima edizione del Dialogo galileiano, per quanto riguardava l'illustrazione astronomica (G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, Firenze, per i tipi di Giovan Battista Landini, 1632). Per le opere scientifiche di autori ancora in vita, è legittimo supporre la collaborazione di questi con i maestri incisori, allorché l'illustrazione e la decorazione alludessero al contenuto delle opere. D'altra parte, i rapporti tra autore, disegnatore, incisore e stampatore non furono sempre facili e testimonianze di ciò sono ampiamente rintracciabili in epistolari e in fonti di vario genere (si veda, per esempio, il dibattito relativo all'allestimento del frontespizio per l'edizione bolognese secentesca delle opere galileiane). In molti altri casi, non sempre corroborati dalla necessaria documentazione, gli autori dei testi si trasformarono anche in ideatori e, addirittura, in disegnatori ed incisori degli apparati iconografici, che corredavano le loro opere. A tal proposito, esempi estremamente significativi ci sono offerti dall'attività incisoria di Francesco Fontana, per il suo Novae Coelestium terrestriumque rerum observationes, e dall'indispensabile collaborazione del padre gesuita Athanasio Kircher con i disegnatori e gli incisori delle sue complesse ideazioni emblematico-allegoriche. Esemplare è anche il caso offerto delle Tabulae Rudolphinae (J. Keplero,Tabulae Rudolphinae, Ulm, typis J. Saurii, 1627) di Keplero, così intitolate in onore dell'imperatore Rodolfo II, protettore di Tycho Brahe. Questi, infatti, morì senza aver portato a termine il lavoro intrapreso e Keplero continuò l'opera lasciata interrotta dal suo illustre maestro, cui era succeduto nel ruolo di matematico cesareo. Per questo trattato, l'ultimo pubblicato durante la sua vita, egli contribuì alla realizzazione delle tavole dei pianeti e ideò l'antiporta, un trionfo dell'allegoria barocca, incisa dal norimberghese Georg Celer. Il prezioso bozzetto dell'astronomo, che presenta numerose differenze rispetto alla versione definitiva dell'incisione, è oggi conservato presso l'Archiv der Kepler-Kommission di Monaco. Per quest'opera, ritenuto da alcuni storici dell'astronomia uno dei veicoli fondamentali per la diffusione del pensiero di Keplero, il celebre astronomo secentesco ideò un tempio di Urania, a base ottagonale, simbolo del sapere astronomico, sormontato da sette figure femminili corredate da vari strumenti scientifici, personificazioni allegoriche di discipline scientifiche. Nella versione definitiva incisa dal Celer, il tempio presenta una base decagonale e si arricchisce di dettagli figurativi assenti nel disegno realizzato da Keplero.


La funzione allegorica



L'
immagine stampata si è ben presto trasformata nel più efficace mezzo di trasmissione - da parte degli autori dei testi, degli incisori e dei tipografi - e di ricezione di idee e di teorie ritenute pericolose, o forse soltanto "scomode", dalle autorità politiche ed ecclesiastiche. Tale ruolo poté essere svolto dalle illustrazioni dei testi attraverso la funzione allegorica.
L'allegoria, che si colloca tra la funzione ornamentale e quella ermeneutica, era volta a compendiare il testo o alcune delle sue parti per via iconologica. La valenza allegorica delle immagini era un elemento determinante nel rapporto tra autore e pubblico: i lettori erano ben disposti a diffidare di ciò che l'immagine, di primo acchito, mostrava loro, mentre erano pronti a carpire ciò che la medesima intendeva realmente rappresentare. Diventava, dunque, molto importante conoscere l'immaginario cui si riferivano le illustrazioni, già al momento della loro realizzazione. In tal caso, un aiuto essenziale era (e lo è ancora oggi per gli studiosi) offerto da un certo numero di repertori e di trattati, che contribuivano notevolmente non solo ad identificare e a riconoscere simboli ed allegorie, ma anche a sollecitare la fantasia degli artisti, originando una sorta di "codice interpretativo", comune sia al lettore sia all'illustratore (tra le opere basilari per l'interpretazione delle figurazioni ricordiamo l'Iconologia di Cesare Ripa, pubblicata per la prima volta a Roma, nel 1593, senza immagini e, poi, nel 1603, ancora nella capitale papale, in edizione illustrata; l'Emblematum Liber del giurista milanese Andrea Alciati, pubblicato in edizione illustrata nel 1531; gli Hieroglyphica dell'erudito romano G. Valeriano Pierio, pubblicati a Basilea nel 1505; gli Hyerogliphica di Horus Apollo, o Horapollo, originati da un manoscritto del V secolo d. C. scoperto nel 1419 da un monaco sull'isola greca di Andros, e editi per i caratteri aldini nel 1505).
La valenza allegorica delle immagini assume aspetti davvero interessanti se pensiamo al sostanziale contributo offerto dal corredo iconografico di molte opere alla diffusione del pensiero scientifico. Un caso emblematico in tal senso è dato dai trattati di astronomia (intesa come "nuova" astronomia) e cosmologia stampati negli anni più duri della censura (secoli XVI e XVII). Vediamo come.
Dopo secoli di supremazia incontrastata, il plurisecolare Universo geo-antropocentrico, a partire dalla prima metà del Cinquecento, cominciò ad essere seriamente minato dall'elaborazione di nuove cosmologie che rischiavano di frantumare la grandiosa macchina celeste teorizzata da Aristotele prima e da Tolomeo più tardi. Gli ostacoli allo sviluppo e alla diffusione della nuova visione prospettica del cosmo, proposta da Copernico (Universo eliocentrico) e variamente rielaborata da Tycho Brahe (crisi dell'incorruttibilità e dell'immutabilità dei cieli), Giovanni Keplero (Sole come centro architettonico e centro dinamico del cosmo), Giordano Bruno (infinità dell'universo; pluralità dei mondi e loro abitabilità; identità di struttura tra cielo e Terra), Galileo Galilei (invenzione del cannocchiale ottico; numerose scoperte scientifiche a sostegno dell'universo eliocentrico) ed Isaac Newton (coerente sistemazione, sul piano del metodo e su quello delle soluzioni, della rivoluzione scientifica), infatti, minacciava di intaccare seriamente la massima autorità filosofico-scientifica del passato (Aristotele) e, soprattutto, di distruggere l'apparato dogmatico della Cristianità occidentale (Creazione, Ascensione, Incarnazione e Redenzione) mettendo in dubbio la parola di Dio (numerosi i passi delle Sacre Scritture in cui è evidente il presupposto geocentrico: ad esempio, nell'Ecclesiaste 1, 4-5 si legge: "Una generazione va e una generazione viene / eppure la Terra rimane sempre al suo posto"; nel Libro di Giosuè 10-12 si trovano le celebri parole: "Fermati, o Sole, su Gabaon e tu, Luna, sulla valle di Aialon!" e nel Libro dei Salmi è scritto: "Sulle sue basi fondasti la Terra / e starà immota negli evi degli evi"). L'attacco alla tradizione, quindi, non comportava esclusivamente l'abbandono del principio, così fortemente radicato nel senso comune e nell'opinione dei dotti, dell'immobilità della Terra e della sua centralità nell'Universo, ma tentava anche di separare le verità di fede, affermate dalle Sacre Scritture, da quelle ricavate dallo studio della natura. Per tali motivi la Chiesa si oppose tenacemente alla distruzione dei dogmi minacciati dalle dottrine rivoluzionarie, facendo ricorso a provvedimenti che colpissero con durezza qualsiasi forma di circolazione delle nuove idee. Queste disposizioni portarono ben presto all'istituzione di potenti organi di controllo anche sulla stampa e sul commercio dei libri; d'altro canto, le norme repressive erano rivolte sia ai testi in latino sia a quelli in volgare, dai trattati alle missive, senza particolari distinguo tipologici. Ciononostante, le numerose teorie "sovversive" continuarono a serpeggiare in tutta l'Europa, sia cattolica sia protestante. In tal senso le immagini stampate dovettero svolgere un ruolo di grande rilievo, grazie alla facilità di circolazione e, quindi, di penetrazione capillare, che le caratterizzava rispetto ad altri tipi di manufatti, riuscendo ad eludere meglio i sospetti degli organi di sorveglianza e di censura sulla stampa (l'insieme delle immagini stampate, ricco o povero che fosse, risultava infatti di difficile valutazione).
Il progresso scientifico, in conclusione, ha trovato nelle immagini un indispensabile elemento di continuità, soprattutto nei momenti in cui il testo verbale ha dovuto necessariamente arrestarsi dinanzi ai dogmi della tradizione.
Una riflessione di questo tipo può fornire elementi indispensabili per la comprensione del ricorso, spesso eccessivo ma solo apparentemente immotivato, da parte di incisori e tipografi a pagine sovraccariche di simboli, emblemi e figurazioni allegoriche non di rado di difficile interpretazione.