Capitolo 5
Cosmologia
Gravitational lensing
I
l
lensing gravitazionale
si occupa di un'ampia varietà di spettacolari fenomeni astrofisici: immagini multiple o ad anello, giganteschi archi luminosi, forti amplificazioni della luminosità di sorgenti lontane. Tutti questi fenomeni sono prodotti dall'interazione di un campo gravitazionale, la cui sorgente è chiamata "
lente
", con la radiazione emessa da una "
sorgente
" retrostante. L'analisi dettagliata di questi fenomeni consente sia la ricostruzione della struttura gravitazionale della lente - indipendentemente dal suo stato dinamico - che lo studio delle proprietà fisiche della sorgente stessa.
Quando sorgente e lente si trovano entrambe a distanze cosmologiche, gli eventi di lensing gravitazionale, producendo un'amplificazione del segnale emesso da oggetti molto lontani e deboli, svolgono la funzione di giganteschi telescopi (naturali), che consentono di studiare l'universo di alto redshift e sottoporre a test sperimentali i vari modelli cosmologici.
All'interno della vasta e variegata fenomenologia del lensing gravitazionale è possibile distinguere due regimi principali, detti rispettivamente di "
weak
" e "
strong lensing
".
Il regime di weak lensing è dovuto alla presenza, lungo la linea di vista, di materia caratterizzata da basso contrasto della densità la quale induce una debole deformazione, nonché un'amplificazione o deamplificazione delle sorgenti lontane. I fasci di luce provenienti da sorgenti lontane subiscono una debole, ma almeno in linea di principio, misurabile deformazione (detta "
cosmic shear
") da parte della distribuzione di materia su grande scala. Dalla statistica dell'ellitticità di galassie lontane e distribuite su campo sufficientemente grande da rendere il campione statistico significativo, si può ricostruire la distribuzione di massa delle strutture su grande scala e risalire allo spettro primordiale di disomogeneità dalle quali le strutture si sono evolute.
Il regime di strong lensing è invece caratterizzato da una profonda deformazione del fronte d'onda della radiazione proveniente dalla sorgente causata dal campo gravitazionale della lente. Dal punto di vista fenomenologico esso è associato agli effetti più spettacolari del lensing: immagini multiple di quasar e galassie, o immagini di galassie che vengono talmente distorte e/o allungate dal campo gravitazionale di ammassi di galassie da divenire dei veri e propri "
archi
". Per quanto riguarda questo effetto, sono possibili due strategie osservative.
Una ha come obiettivo lo studio dettagliato di una lente e dei suoi parametri osservativi (posizione e numero delle immagini, amplificazione, ritardo temporale introdotto dai diversi cammini ottici, ecc.). ed ha come obbiettivo il porre vincoli sulla dinamica e la geometria della lente (ad esempio, determinandone la massa o l'estensione spaziale). Se applicata su scala più grande essa consente anche di ottenere una stima dei parametri cosmologici, quali la costante di Hubble o il parametro di decelerazione.
La seconda strategia, invece, ha natura statistica e consiste nel contare il numero di lenti gravitazionali rivelate all'interno di survey, caratterizzandone la distribuzione in termini di un certo insieme di quantità osservabili. La statistica delle lenti gravitazionali è infatti legata, contemporaneamente, al grado di disomogeneità che caratterizza l'universo su scala locale (e che la luce incontra nel suo cammino dalla sorgente all'osservatore) ed alla sua struttura a larga scala. Soltanto l'esiguo numero di dati osservativi ne ha finora limitato l'uso. In alcune geometrie gli angoli di deflessione sono molto piccoli, dell'ordine di grandezza di pochi millesimi di secondo d'arco o anche meno, sicché le immagini multiple della sorgente non sono separabili. Tuttavia l'amplificazione luminosa delle sorgenti risulta alterata poiché il lensing, mentre preserva il numero di fotoni emessi dalla sorgente, modifica la sezione del fascio luminoso (fenomeni di "
shear
" e "
focusing
"). Di conseguenza, diviene possibile rivelare questi tipi di fenomeni in una situazione dinamica, in cui la lente e la sorgente sono in moto relativo l'una rispetto all'altra, tramite una caratteristica variazione temporale della luminosità (che nel caso più semplice segue il cosiddetto
profilo di Pacinski
). Questo fenomeno prende il nome di microlensing gravitazionale, e si è rivelato un efficace strumento per la ricerca della materia oscura nell'alone della nostra e di altre galassie, qualora essa si presenti sotto forma dei cosiddetti Macho (Massive Astrophysical Compact Halo Object), e per studiare il contenuto di stelle di piccola massa nel disco o nel bulge delle galassie.