cliccare sull'immagine per ingrandirla

home

esposizione

scheda tecnica


ÉPHÉMÉRIDES MOTUUM COELESTIUM

Bologna, 1774

E. Zanotti

supporto cartaceo
oggetto: antiporta
incisione calcografica
26x18

L'antiporta delle Éphémérides motuum coelestium ex Anno 1775 in Annum 1786 ad meridianum Bononiae ex Halleii tabulis supputatae, di Eustachio Zanotti, fu ideata da Anton Maria Zanetti ed incisa da Bernard Picart, presumibilmente negli anni settanta del XVII secolo.
L'intera composizione riflette la poliedrica personalità artistica dello Zanetti. Caratterizzata da un rigore formale, lontano dalle scenografiche soluzioni secentesche, essa palesa, infatti, la presenza di elementi figurativi di matrice eterogenea. La figura femminile che affiora in primo piano, caratterizzata da un recupero in senso classicistico, è circondata da diversi strumenti scientifici, quali l'orologio, il compasso ed il quadrante mobile. Il corpo imponente della donna si accompagna ad un volto di straordinaria grazia; il contorno della figura, inoltre, è netto e senza interruzione ed il "contrapposto" studiato è molto convincente. La gamba sulla quale scarica il peso del corpo, l'altra gamba, la linea inclinata delle spalle ed il dolce movimento della testa, infatti, sono ben equilibrati e sostenuti dal vestito e dal mantello che cadono. Le pieghe voluttuose delle vesti, infine, sono raccolte sul fianco sinistro, lievemente sporgente. Il riferimento alla statuaria antica, dunque, sembra essere piuttosto evidente.
L'artista veneziano fu un grande conoscitore della scultura classica, cui dedicò, in collaborazione col cugino Girolamo, un'edizione illustrata dal titolo Delle antiche statue greche e romane, edita in due volumi nel 1740 e nel 1743. Per le illustrazioni che corredarono il testo fu egli stesso a fornire i disegni da incidere. Tale opera si inseriva nel solco di quel filone di studi orientati verso la ripresa di modelli desunti dall'antichità greca e romana che, sulla scia dell'entusiasmo suscitato anche dai recenti scavi di Ercolano prima (1738) e di Pompei più tardi (1748), proliferarono lungo l'intero arco del Settecento.
Il punto di vista fortemente scorciato del carnoso putto, che sembra poggiare il piede sinistro su un piano virtuale, mentre regge uno svolazzante cartiglio, tradisce l'impianto classicistico della rappresentazione, conferendole un dinamismo che funge da "contrappunto" alla staticità dell'insieme. E' qui evidente il legame con il linguaggio figurativo tardo barocco, che l'artista potrebbe avere in parte "recuperato", attingendo all'opera pittorica di Carlo Maratta, e piegato alle esigenze di fini espressivi assolutamente nuovi.
Come già accennato precedentemente, lo Zanetti fu anche pittore dilettante, educato presso la bottega del veneziano Niccolò Bambini. Quest'ultimo condivise proprio col Maratta un lungo soggiorno romano dove, probabilmente, ebbe la possibilità di assimilare alcune delle sue geniali soluzioni figurative, contrassegnate da un eclettico classicismo, nel quale anche gli stimoli dell'ultimo barocco secentesco si componevano in uno stile corretto e solenne.
E' dunque possibile che alcuni degli elementi peculiari della pittura marattesca fossero, poi, giunti allo Zanetti, filtrati proprio attraverso la personalità artistica del suo maestro.
Di certo il Maratta non fu l'unico artista secentesco a far uso di angeli e putti, che giocano con ghirlande di fiori o si affacciano con vispa curiosità attraverso uno squarcio di nuvola. Egli, però, ne fece quasi un elemento distintivo, un leit-motiv che accomunò un buon numero delle sue opere.
Per tornare alla nostra antiporta, sul fondo della composizione si apre un paesaggio, in cui si scorge la città di Bologna, riconoscibile dalle due Torri, quella degli Asinelli e quella di Garisenda. Tale sfondo, per le sue caratteristiche "atmosferiche", accentuate dai forti contrasti chiaroscurali di matrice pittorica, sembra evocare le suggestioni della straordinaria tradizione pittorica veneta, avviata da Giorgione da Castelfranco verso un rinnovato interesse per le soluzioni naturalistiche e diversamente interpretata, poi, da celebri artisti come Tiziano, Sebastiano del Piombo, Tintoretto, Veronese e Jacopo Bassano. D'altro canto, Zanetti studiò con attenzione tutti questi grandi maestri del Cinquecento e ad essi dedicò alcune opere letterarie di notevole interesse, come una raccolta del 1771, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche dei veneziani maestri, ma soprattutto la raccolta delle Varie pitture a fresco de' principali maestri veneziani ora per la prima volta con le stampe pubblicate del 1760, costituita da ventiquattro tavole, da lui disegnate ed incise all'acquaforte e a bulino ne 1755.