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esposizione

scheda tecnica


ERLAUTERUNG DER STERNSUNDE

Berlino, 1808

J. E. Bode

supporto cartaceo
oggetto: antiporta
incisione calcografica
20x11

Una splendida antiporta ottocentesca precede, sul verso della prima carta, il frontespizio dell'opera di Johann Elert Bode, Erlauterung Der Sternsunde, pubblicata a Berlino, nel 1808, presso l'editore Nimbugschen Buch Handlung.
Nelle prime pagine del testo, l'autore ci fornisce una preziosa spiegazione (1) della complessa rappresentazione in antiporta, permettendo di comprenderne appieno il significato.
L'enigmatica figura in primo piano, un vecchio barbuto, seduto ai piedi di un basamento marmoreo, trae palesemente origine da un plurisecolare soggetto iconografico, di cui il celebre maestro di Norimberga, Albrecht Dürer, ci offrì una straordinaria interpretazione nella sua Melanconia I (incisione, 1514). La figura del melanconico, variamente interpretata nel corso dei secoli (si veda, per esempio, la figura di Eraclito nella Scuola di Atene di Raffaello, 1509-1511; Roma, Palazzo Vaticano, Stanza della Segnatura), si trasforma qui in un antico filosofo greco, come lo definisce lo stesso Bode; il tradizionale motivo della mano mollemente appoggiata alla guancia, un antichissimo gesto riferibile solitamente al dolore, alla fatica, ma anche al pensiero creativo, alla contemplazione profetica di poeti, filosofi, evangelisti e padri della Chiesa, si accompagna al viso in penombra, con lo sguardo fisso davanti a sé. Gli strumenti scientifici, come la sfera armillare, il triquetrum, il compasso goniometrico, la meridiana orizzontale equinoziale, la tavola su cui sono rappresentati i percorsi eccentrici dei pianeti, le stelle che si stagliano nel cielo e l'eclisse di Luna sono tutti simboli di un'occupazione di tipo astronomico. Il rotolo, che si dispiega sulle ginocchia della figura senile, su cui si riconosce la rappresentazione di un'eclisse di Luna e la sovrapposta schematizzazione del metodo di Eratostene, rappresenta il fine intellettuale unificante, che accomuna la grande varietà di strumenti sopra elencati. Su uno dei lati del basamento, privo di statua o colonna, compare un serpente che si morde la coda: quest'ultimo allude all'infinità e all'eternità della "scienza delle stelle". Sul fondo della composizione, si erge il Monte Olimpo, alle spalle del quale sta per sorgere il Sole; il chiarore dell'alba illumina il profilo maestoso del celebre monte e rischiara l'orizzonte mattutino della Grecia. Nel cielo, infine, sono riconoscibili alcune costellazioni, quali le stelle del Toro, dell'Auriga, dei Gemelli e di Orione, e la posizione esatta di certi astri: il Sole sta entrando nel Leone, Giove si trova sotto le Pleiadi, la Luna è ad est rispetto alle corna del Toro e Venere appare alla sinistra della Luna.
L'incisione è firmata da Johann Gottlob Shumann.
Dall'analisi stilistica della rappresentazione in antiporta affiorano numerosi elementi che palesano l'adesione alle tendenze pittoriche più aggiornate dei primi anni dell'Ottocento. Schumann dovette carpire le "punte" più avanzate della sperimentazione artistico-figurativa condotta da alcuni pittori del suo tempo. Basti pensare che Dresda (città d'origine dell'incisore), in quegli anni, era non solo una città ricca di tesori d'arte e sede della più importante Accademia tedesca, ma anche un "laboratorio" di sperimentazioni artistico-figurative, condensatesi principalmente nell'opera pittorica di Caspar David Friedrich (1774-1840). Quest'ultimo si trasferì nella nota città della Sassonia nel 1798; qui elesse a dimora un atelier con vista sull'Elba, frequentato da numerosi artisti e filosofi del tempo, da cui non si mosse più, se non per escursioni nella natura o periodici ritorni a Greifswald, la sua città natale. E' appunto tale riflessione che ci permette di comprendere alcuni degli aspetti più innovativi espressi dall'incisione di Schumann.
Nell'antiporta, i numerosi riferimenti alla Grecia classica e la presenza del basamento marmoreo non riflettono certo il gusto neoclassico, affermatosi autorevolmente già dalla seconda metà del Settecento; infatti, tali elementi figurativi, al di là della valenza allegorica che esprimono, sono inseriti in un contesto che è ben lontano da quell'ideale di "nobile semplicità e quieta grandezza", indicato da Winckelmann come espressione della superiorità dell'arte antica, volto a ricreare l'idea di perfezione classica mediante citazioni e variazioni di brani di scultura romana, affreschi di Ercolano e dipinti di Raffaello. Nella nostra composizione, il riferimento all'antico sembra assimilabile, piuttosto, alla dimensione quasi nostalgica espressa dal vasto complesso di acqueforti di Giovan Battista Piranesi, dedicato alle Antichità Romane e dominato da un ricercato e drammatico isolamento (Le incisioni di Giovan Battista Piranesi ,1720-1778, dedicate alle Antichità Romane, raccolte in quattro volumi editi nel 1756; nel 1748 era stata pubblicata una prima versione di Antichità Romane de' tempi della Repubblica e de' primi imperatori e le successive dedicate al Campo Marzio dell'antica Roma , del 1762, appaiono legate all'idea di "dignità e magnificenza romana", espressa attraverso la massa, la grandiosità, l'isolamento. Piranesi aggiunse "nuove dimensioni" alle rovine di Roma, grazie ad una precisa scelta degli scorci e ad un consapevole uso delle luci e delle ombre).
Il basamento marmoreo in penombra domina la parte destra della composizione ed assume il profilo di una rovina ormai invasa dalla vegetazione, che sembra, a sua volta, voler cancellare le tracce di un passato irrimediabilmente perduto. La figura dell'antico filosofo affiora in primo piano e, intersecandosi con il profilo del monte sacro agli dei dell'antica Grecia, conferisce un'espansione diagonale alla composizione, che pertanto non è più concepita in termini statici e descrittivi.
Lo straordinario naturalismo della rappresentazione, inoltre, intriso di suggestioni quasi fiabesche, fa già pensare a quella pittura di paesaggio intesa come nuova espressione del sentimento che, sovvertendo i parametri della tradizionale pittura di paesaggio, affermatasi tra gli ultimi anni del Settecento ed i primi decenni dell'Ottocento, testimonia il progressivo affermarsi di una nuova sensibilità, postasi come valida alternativa al razionalismo dominante. Elementi propri di tale "sensibilità", definita romantica già nel corso dell'Ottocento, appaiono il rilievo dato alla creatività e all'interiorità e, sul piano figurativo, si traducono nel conseguente rifiuto delle norme sancite dall'Accademia, delle composizioni levigate e anonime, delle forme simboliche e allegoriche, fondate sull'"impersonale" codice espressivo classico.
Nella composizione in antiporta, realizzata da Schumann, dominano i principi della nuova dimensione lirica del paesaggio; il tema del notturno e della contemplazione, ricorrente nelle opere di alcuni artisti della prima metà dell'Ottocento - del già citato Friedrich (si veda, per esempio, la tela dal titolo Due uomini davanti alla Luna, 1819; Dresda, Gemäldegalerie), ma anche di John Constable (1776-1837) e William Turner (1775-1851) - come un nostalgico refrain si accompagna ad una visione che ha ormai abbandonato il culto artificiale dell'antichità del Neoclassicismo e quel vedutismo idealizzato e compiacente, che coniugava felicemente passato e presente.


(1) Dall'originale in tedesco: "Un antico filosofo greco, riflette seduto davanti ad un basamento di colonna, eseguendo un disegno sul problema di calcolare la distanza del sole dalle eclissi lunari. Alcuni strumenti astronomici del suo tempo: sono mostrati da un lato il triquetrum, un'asta dritta, accompagnata da due righetti mobili, con la quale Tolomeo tentava di determinare la parallasse della Luna; l'astrolabio, ovvero alcuni anelli composti, per la misurazione dei gradi dei cerchi celesti; un anello solare; una tavola che mostra i percorsi eccentrici dei pianeti, secondo le idee di quel tempo. A poca distanza, è posizionato uno gnomone, ovvero l'indicatore del Sole, con l'aiuto del quale gli antichi trovarono, per la prima volta, le ore del giorno attraverso l'ombra. Il basamento è simbolo di infinità e rappresenta la fondazione e l'eternità della scienza siderale. Dietro all'alto Olimpo, risale il crepuscolo del mattino. Al firmamento si offrono le stelle dell'Auriga, del Toro, dei Gemelli e di Orione. Nella loro posizione del tempo di allora, in fondo all'orizzonte mattutino della Grecia, quando il sole entra nel Leone, Giove si trova sotto le sette stelle [Pleiadi], la Luna, appena prima di divenire nuova, è ad est rispetto alle corna del Toro, la stella del mattino, Venere, appare alla sinistra della Luna.