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esposizione

scheda sintetica


DE MUNDI AETHEREI RECENTIORIBUS PHAENOMENIS LIBER SECUNDUS

Praga, 1603

T. Brahe

supporto cartaceo
oggetto: frontespizio
incisione silografica
23x17

Il De mundi aetherei recentioribus phaenomenis liber secundus presenta una singolare silografia, in verità piuttosto rozza, a decorare la parte centrale della fronte del libro. Si tratta di una marca tipografica, che esprime un'accentuata valenza emblematica, ed, inoltre, comprende elementi figurativi che tradizionalmente esulano da qualsiasi tipologia offerta dalle varie marche; proprio per tali motivi essa può essere definita una vera e propria vignetta emblematica. Presenta la figura di un uomo barbuto, forse lo stesso Tycho, con il capo coronato d'alloro, disteso su una roccia. L'uomo rivolge il proprio sguardo verso il cielo, simbolo di un atteggiamento incline alla pratica osservativa, e con la mano sinistra impugna un compasso appoggiato su un globo celeste retto da un fanciullo (espressione del binomio osservazione-misurazione). La figura è accompagnata dal motto "SUSPICIENDO DESPICIO", le cui due parole sono disposte fra loro in maniera speculare; esso, probabilmente, si riferisce alle doti di osservatore del cielo, paziente ed acutissimo, del grande astronomo danese. E' singolare il fatto che, nel colophon dello stesso volume, si ripeta la vignetta del frontespizio; sono, però, subentrate delle notevoli variazioni. Rispetto a quest'ultima, infatti, le dimensioni della stampa sono aumentate, fatto piuttosto strano se si pensa che il colophon, con l'avvento del frontespizio, aveva ormai perso ogni valore. Lo sguardo dell'uomo, inoltre, sembra ora sconfinare dai limiti della silografia, per incontrare gli occhi del lettore-fruitore dell'opera; un serpente, simbolo di Esculapio, è avvinghiato intorno al braccio destro; la mano destra regge un fascio di fiori e di spighe. Ai piedi dell'uomo, infine, lo stesso fanciullo, che regge il globo celeste nell'immagine posta al centro del frontespizio, sembra qui intento a giocare con alambicchi, pinze ed oggetti di non chiara identificazione, forse un'allusione a tutte le scienze e all'interesse di Ticone per l'alchimia. Il motto iniziale si è invertito e trasformato in "Despiciendo suspicio". Per comprendere meglio il significato dei due motti, conviene ricomporli idealmente, trasformandoli in "Suspiciendo in caelum] despicio [terram]", e viceversa (sui due verbi e sulla loro valenza semantica è possibile fare una approfondita analisi dal punto di vista filologico. Questa ipotesi è suggerita dal fatto che essi furono usati già insieme da alcuni autori dell'antichità classica e che potrebbero corrispondere alla prima parte di un esametro). A questo punto, dunque, otteniamo che "guardando in alto (cioè alzando gli occhi verso il cielo), guardo in basso (cioè volgo lo sguardo alla terra)", e di contro, "guardando dall'alto in basso, guardo verso l'alto". Non a caso lo sguardo della figura maschile, nel frontespizio, è indirizzato verso il cielo, dunque in contemplazione dell'universo; invece, nell'immagine offerta dal colophon, l'uomo guarda addirittura dritto verso di sé, presumibilmente nell'intento di cercare gli occhi del lettore, elevato, in quel momento a simbolo del nostro pianeta. L'allusione all'affinità tra gli eventi celesti e i fenomeni terrestri, fermamente sostenuta dall'astronomo danese, sembra essere piuttosto chiara. Le due silografie, dunque, veicolano un significato tutt'altro che trascurabile; la loro collocazione all'interno del libro (frontespizio-colophon) determina, infatti, un'ideale parabola del contenuto del testo che, esordendo con l'attacco al millenario sistema tolemaico e a quello più recente proposto da Copernico, si conclude con l'affermazione del sistema del mondo proprio del suo autore. Tycho non crede che alla pigra Terra possa essere attribuito alcun movimento o addirittura tre, come sostiene Copernico. Se essa fosse in moto, afferma, una pietra lanciata da una torre non cadrebbe, come invece avviene, ai piedi della stessa. Il sistema copernicano, inoltre, si oppone alle Sacre Scritture che fanno più volte riferimento all'immobilità del pianeta terrestre. Senza impelagarci in discorsi più propriamente scientifici, nel sistema cosmologico elaborato dall'astronomo danese, la Terra è immobile al centro di un universo racchiuso da una sfera stellare, la cui rotazione quotidiana dà conto dei circoli giornalieri delle stelle. Secondo Tycho, le teorie avanzate da Copernico nel corso del Quattrocento partirebbero, dunque, da un assunto fuorviante: la mobilità della Terra, determinata in base alle osservazioni del cielo, (espressa dall'immagine del frontespizio) non troverebbe corrispondenza in ciò che accade realmente sul nostro pianeta. Di contro, solo partendo dall'attento studio dei fenomeni terrestri, si potranno determinare i parametri di riferimento del nostro universo. Idea perfettamente esemplificata dal soggetto della silografia stagliata al centro del colophon. La grandissima autorità di Brahe costituì senza dubbio un ostacolo alla diffusione del copernicanesimo. Ma i problemi che la sua astronomia aveva sollevato, favorirono la crisi e il graduale abbandono del sistema tolemaico.